L’11 agosto 2025 il Consiglio dei ministri ha presentato, su iniziativa del Ministro della Salute Schillaci e della Ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Roccella, un nuovo disegno di legge (DDL) dal titolo “”Disposizioni per l’appropriatezza prescrittiva e il corretto utilizzo dei farmaci per la disforia di genere” (2575)”, che si trova da ottobre in fase di esame in Commissione. È l’esito finale di un crescendo di attenzione da parte del governo italiano nei confronti dei percorsi di affermazione di genere delle persone minorenni, incominciato nel 2023 con l’attacco all’ospedale Careggi di Firenze, e che si è espresso con una serie di interrogazioni parlamentari, decreti ministeriali, ispezioni, tavoli tecnici di approfondimento e infine con il coinvolgimento del Comitato Nazionale per la Bioetica, a cui è stato richiesto un consulto che ha prodotto una relativa relazione, sulla base della quale viene formulato il suddetto DDL (di questi precedenti passaggi abbiamo già dato conto in precedenti comunicati).
Il testo del disegno di legge esordisce asserendo: “Il disegno di legge in oggetto deriva dal bisogno di salute delle persone minori di età (…)”, e qui incontriamo la prima menzogna! Il disegno di legge in oggetto non è una risposta al bisogno di salute delle persone minori di età, è una risposta al bisogno di disciplinamento delle esistenze trans, come di quelle di tutte le persone dissidenti dal regime eteropatriarcale e binario dei generi, che fa il pari con la triade Dio-Patria-Famiglia tanto cara a questo come a tanti governi. Disciplinamento, non a caso, è un termine che ricorre frequentemente nel testo del disegno di legge; linguaggio di stampo giuridico che ben esprime l’esigenza di irregimentare, gestire, inquadrare, controllare, tipica delle istituzioni biopolitiche totali che non ammettono l’autodeterminazione dell’individuo, in quanto considerata intrinsecamente antisociale.
Lo spauracchio ventilato è qui, come spesso accade, un presunto pericolo riguardante l’infanzia e l’adolescenza, che lo Stato (allo stesso tempo autorità patriarcale, il vero “capofamiglia”) si sente chiamato a proteggere dalle insidie della perversione – lx adolescenti andrebbero, di fatto, salvatx da se stessx, e lo Stato è l’autorità che si autoconferisce questo incarico di protezione. O almeno, questa è la retorica apparente, che giustifica l’intervento, e che sarebbe già spregevole di per sé. Ma quello che è innegabile è anche che questo disegno di legge, che non vieta ma di fatto rende più difficoltoso l’accesso ai percorsi di affermazione di genere per le persone minorenni, si inserisce a pieno titolo nel clima di crescente odio transfobico che negli ultimi anni si sta diffondendo in diversi paesi di pari passo con la virata verso l’estrema destra di molti governi. Questa legge si trova di fatto ad essere la risposta del governo italiano alle costanti pressioni esercitate dalle componenti cattoliche, TERF, reazionarie, fasciste e complottiste per porre freno a un presunto allarme sociale, quello dettato dal diffondersi di un pericoloso virus: l’ideologia gender, assieme ad alcune delle sue propaggini come il transattivismo e il conseguente contagio trans. Per dirla con parole nostre, il progressivo sgretolarsi di millenni di norme eteropatriarcali, il disvelarsi della natura socialmente costruita del binarismo di genere – consapevolezze ormai sempre più diffuse a livello sociale, specialmente nelle nuove generazioni, che mettono in crisi le fondamenta di tutto un sistema politico, economico e religioso basato sui valori della famiglia tradizionale. Di qui, la reazione.
Non ci soffermeremo in questo contesto sulle premesse fallaci che vengono usate per giustificare scientificamente queste mosse repressive (con particolare riferimento al Cass Review, che è stato più volte criticato analiticamente e su cui sono emerse forzature) dal momento che la questione è già stata affrontata in altre sedi. A fare le spese di questo contraccolpo reazionario sono per il momento soprattutto le persone trans minorenni, il cui accesso alla “non-si-sa-se-pericolosa” triptorelina, farmaco bloccante della pubertà, sarà ora strettamente disciplinato, come se tra l’altro già non lo fosse (per ricordare alcuni dati già citati altrove, ben nove persone trans in età prepuberale lo hanno iniziato ad assumere negli ultimi 5 anni, motivo per cui è scattata questa mobilitazione politica, con la relativa canea mediatica, per valutarne la pericolosità, a fronte di migliaia di bambinx, dell’età media di 8 anni, a cui viene prescritto ogni anno dagli anni ‘80 per bloccare lo sviluppo di una presunta “pubertà precoce” – davvero difficile credere che si tratti di premura per la salute delle persone trans piccole, come vorrebbe farci credere il governo Meloni!).
Con la motivazione addotta di dover monitorare l’uso della triptorelina, con questo disegno di legge viene richiesto alle strutture e agli ospedali che la prescrivono di trasmettere all’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che di fatto è un’autorità governativa, una serie di dati relativi non tanto al farmaco e al suo uso off label quanto alla persona presa in carico, tra cui gli esiti dei percorsi psicologici, psicoterapici ed eventualmente psichiatrici, eventuali patologie diagnosticate e il follow-up della persona, per l’istituzione di un registro nazionale. Una vera e propria “schedatura” delle persone minorenni transgender contenente i dettagli della loro salute, comprese le cosiddette comorbilità, per esempio la presenza di altre diagnosi psichiatriche. Tutto in linea con la sempre più pervasiva schedatura digitale di tutti i dati della cittadinanza che già prosegue da anni da parte del governo, usando come testa d’ariete proprio l’ambito sanitario. L’AIFA, con cadenza semestrale, dovrà poi trasmettere al Ministero della salute un rapporto che dà conto dei dati raccolti nel registro. Ma soprattutto, ogni nuova richiesta di accesso all’uso di questo farmaco dovrà essere d’ora in avanti valutata e approvata anche dal Comitato Nazionale per la Bioetica, un organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la consultazione su problemi etici “spinosi”, una sorta di team di “professionisti dell’etica” (sì, fa ridere) istituito dal governo. Il Comitato viene rinnovato nei suoi componenti ogni quattro anni: alla scadenza del mandato è il presidente del Consiglio dei ministri ad avere il compito di scegliere i vertici del direttivo del Comitato, come infatti è successo a dicembre 2022, quando Giorgia Meloni ha comunicato le sue personali scelte nella composizione del nuovo Comitato – immaginiamo solo quanto le concezioni etiche della Meloni possano essere scevre da convinzioni ideologiche, politiche o religiose!
L’adolescente e preadolescente trans si troverà quindi, per poter affermare la propria esistenza e le proprie scelte, ad essere passatx al vaglio non più soltanto dal consueto “team ospedaliero multidisciplinare” di psicologx, psichiatrx ed endocrinologx, ma dovrà ora superare anche il filtro morale di un team “bioetico” di docenti di diritto penale e internazionale, filosofx, storicx, sociologx (la maggior parte dellx quali legatx all’Università Cattolica), medicx (specializzatx in branche tra le più disparate, tra cui biotecnologia, oncologia, cardiologia, cure palliative, ecc.), direttorx e ricercatorx di strutture sanitarie, procuratorx, ex ministrx e per finire pure il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, che figura come vicepresidente del Comitato per la Bioetica! Quest’accozzaglia di figuri dovrebbe ergersi a tribunale popolare, anzi, “accademico”, di un vissuto che non appartiene loro e di cui probabilmente non hanno alcuna idea, ma su cui in alcuni casi, vista la formazione cattolica o altrimenti religiosa di moltx di loro, hanno sicuramente dei forti preconcetti. Un vero tribunale carnevalesco che, in realtà, non fa ridere affatto.
Questo DDL non significa altro, per ogni amante della libertà, che un’ulteriore ingerenza dello Stato nelle nostre vite; come se già non bastassero il controllo e l’inquadramento ideologico esercitati dalla famiglia, dalla scuola, dal sistema medico, dal sistema capitalista, da tutte le istituzioni “civili” per incanalarci nell’unica via da loro considerata percorribile, quella di individui alienati e incasellati in ruoli ben precisi, produttivi e funzionali per il sistema. Chiunque non rientri nei ranghi è considerato soggetto da assimilare o sottoporre a disciplinamento, da categorizzare e patologizzare per meglio controllarlo. Sempre più governi stanno spingendo per tornare a un paradigma di sempre maggiore patologizzazione e psichiatrizzazione dell’esperienza trans, in contrasto con le lotte per la depatologizzazione portate avanti da decenni dagli stessi movimenti trans, ma in linea con una tendenza più generale, che tocca tutte le individualità, a partire dalle persone più giovani: a sempre più ragazzx e adolescentx vengono prescritti psicofarmaci fin dalla più tenera età, e il loro numero è triplicato dopo l’esperienza traumatica collettiva del lockdown.
L’unico antidoto alla patologia del potere sta allora nel rafforzare le nostre reti di solidarietà e mutuo aiuto, nell’intessere complicità e organizzare assieme la resistenza al potere politico e medicale!
