Un attacco totale all‘esistenza della persone trans è in corso in un numero sempre maggiore di paesi, a capitalismo avanzato e non. La questione dei nostri corpi, della nostra libertà di disporvi, di parlarne e anche solo di portarli in bagno, è diventata un caposaldo del dibattito politico a tutti i livelli.
Nel Regno Unito, tra i primi paesi a vedere questo discorso di odio accendersi così radicalmente, dove oggi è sempre più difficile accedere a terapie di transizione, è illegale bloccare la propria pubertà; è legale venir cacciatx da una scuola per il fatto di essere trans; è legale che una donna trans venga messa in un carcere maschile; e per la prima volta nella sua storia il parlamento della Gran Bretagna ha utilizzato il suo potere di veto sul parlamento della Scozia: per evitare che si facilisse la rettifica anagrafica delle persone trans scozzesi.
Altri paesi seguono, anzi superano, in questa reazione storica dell‘etero-cispatriacato: in Slovacchia non esiste più un protocollo né legale né medico per cambiare il proprio genere assegnato alla nascita. In Francia si discute non solo di negare ma di criminalizzare il blocco della pubertà.
L’Unione Cristiano-Democratica Tedesca, il partito che ha vinto le ultime elezioni in Germania, ha promesso di cancellare la legge sull’autodeterminazione del genere, di rimuovere il linguaggio neutro, di limitare l’accesso alle cure per persone trans minorenni.
In Georgia qualunque cura medica per le persone trans è stata vietata.
In Svezia, Danimarca e Norvegia le cure di blocco della pubertà sono divenute praticamente inaccessibili. In Argentina, considerata, prima del governo Milei, uno dei paesi più aperti alla libertà delle persone trans, grazie alle lotte portate avanti dalla strada, sono state rese illegali.
Negli Stati Uniti, tra le camere statali e quelle federali, in questo momento stanno venendo discusse 637 proposte di legge per limitare le libertà, cancellare l’accessibilità alle cure ed agli spazi conformi al proprio genere, e vietare la rettifica anagrafica per le persone trans. Altre 17 sono già diventate legge.
Tutto questo è avvenuto in meno di due anni.
Il governo Meloni non è da meno. Dopo aver stipato il “Comitato Nazionale per la Bioetica” di medici cattolici, questo si è espresso contro le cure di blocco per la pubertà per persone minorenni, rendendole sempre meno accessibili, esacerbando iter già iper psichiatrizzanti. Tutto questo dopo che l’ospedale Careggi di Firenze, l’unico in Italia dove questo tipo di terapia veniva praticata nel pubblico, è stato messo ai ferri corti dal ministro Gasparri e dalla sua interrogazione parlamentare, lasciando tutte le persone precedentemente in cura senza piano terapeutico.
Il farmarco Sandrena, utilizzato per terapie di transizione di persone transfemminili, è stato declassato dall’AIFA, aumentando il suo prezzo vertiginosamente.
È stato aperto un “Ambulatorio multidisciplinare per la disforia di genere” nell’ospedale Gemelli di Roma, proprietà della Santa Sede, dove si parla di essere trans nei termini di struttura della personalità e dell’identità insane ed instabili, di psicopatologia sociale.
È stata nominata “Garante per l’infanzia e l’adolescenza” Marina Terragni, una giornalista senza competenze specifiche nel merito, ma che da anni porta avanti la crociata anti-trans, anche grazie a cricche di cosiddette “femministe radicali”, tra cui Arcilesbica.
In quanto femministe, ora più che mai siamo chiamate a schierarci. Nei parlamenti, nelle associazioni e persino nelle chiese il discorso transfobico si rende agibile e si fa forte attraverso gli interventi di altrettante femministe. Femministe “della differenza”, femministe “che vogliono proteggere le donne”, femministe “radicali” che di radicale hanno solo il proprio disprezzo per qualunque messa in discussione del proprio posizionamento.
Femministe che vedono in ogni uomo trans una “sorella perduta” caduta per mano del patriarcato; in ogni donna trans un tentativo di incursione maschile dentro i loro spazi, i loro privilegi, la loro sacrosanta identità uterina. Sedicenti “Femministe” che hanno il solo interesse di definire il confine di cosa può essere una donna e una femmina e militarizzarlo, senza esitare a sposare l’agenda dell’ultra destra antiabortista che le finanzia e amplifica in questo progetto. Dobbiamo decidere: fare femminismo con le persone trans, o fare discorsi biologisti rinforzando la gerarchia dei generi.
Vogliamo libertà di poter scegliere le proprie terapie, e la possibilità di accedervi e disporre della propria salute è in ciò fondamentale. Quando si attaccano le persone trans è sempre un intervento di “salute pubblica”: per difendere le persone piccole, per difendere le donne, per difendere la natura, la psiche o qualunque altro spauracchio umanista si mettano in bocca. Nel nome della salute ci uccidono, ci annullano, ci impediscono di disporre della nostra stessa carne, per cercare di estirparci alla radice. Allora dobbiamo schierarci su questa nostra carne, lottare perché la nostra pelle sia solo nostra, e tentare in ogni modo di strappare l’egemonia della cura dalle loro mani, perché solo noi possiamo sapere cosa è meglio per noi. E se i medici si spaventano, delle nuove leggi e di prendersi la responsabilità, allora ci lasciassero fare: tenetevela pure la vostra salute, e dateci gli ormoni.
Siamo stanchə di persone che si appropriano del transfemminismo senza persone trans, senza posizionarsi su tutto questo, delegando alle persone trans l’onere e la fatica di dover continuare a porre il problema e farsene carico totalmente o quasi.
Siamo stanchə che nelle strutture trasversali che si definiscono transfemministe non venga mai problematizzato il fatto che nei centri antiviolenza e nelle strutture di accoglienza, le persone transfem vengono escluse in quanto ritenute disturbanti per le sopravvissute Cis, soprattutto se vengono dalla strada. Che le persone transmasc vengono accolte solo se “passabili” come soggetti femminili a discrezione di chi gestisce queste strutture. Questo succede anche in strutture legate ad ambienti di movimento che hanno svenduto la conflittualità alla coprogettazione. Siamo stanchə che nessun parli mai delle condizioni detentive delle persone transfem nelle sezioni maschili, dove vengono poste in isolamento, assieme a sex offender, ex guardie e infami, e senza accesso alla medicina affermativa, alla mercé di psichiatrizzazione e secondini maschi.
Siamo stanchə che si continui a non sapere nulla di cosa può capitare alle persone transmasc se entrano in carcere, in quanto le normative sono totalmente arbitrarie. Vogliamo un mondo senza galere, ma nella strada per arrivarci non possiamo continuare a non occuparci di questo.
Siamo stanchə che continui a esistere tolleranza per discorsi puttanofobici e transfobici all’interno del femminismo, che ogni volta che una persona trans viene ammazzata finisce invisibilizzata nell’oblio e nel misgendering della cronaca più abbietta, mentre per i femminicidi si riempiono giustamente le piazze.
Siamo stanchə che non ci si renda conto delle analogie tra le prassi di gatekeeping psichiatrico nelle strutture per l’affermazione di genere, e quelle di persuasione a rinunciare all’aborto nei consultori presi d’assalto dal personale obiettore. Lo stesso discorso vale per gli uffici per l’immigrazione che non rilasciano permessi di soggiorno, le strutture che ostacolano diagnosi e aiuti necessari a persone neurodivergenti e disabili, ma elargiscono Tso e violenza medica a piè sospinto.
Non c’è differenza tra il centro del Gemelli di Roma e altre associazioni che promuovono le terapie di conversione sulle persone trans adolescenti e la stanza per l’ascolto del battito del feto aperto al Sant’Anna di Torino dai pro-vita.
È ora di smettere di parlare di inclusione pensando nella pratica solo al proprio pezzo Cisfemminista, bianco e abile!
Transenne